Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio

//Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio

Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio

Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime

Sen. Raffaele FANTETTI – 24 maggio 2022

 

Presidente, Colleghe e Colleghi, Governo,

La violenza maschile contro le donne rappresenta un fenomeno sociale diffuso e strutturale con radici culturali profonde, che ancora oggi permeano le relazioni tra uomini e donne in tutto il mondo come anche nel nostro Paese. È un fenomeno che ha una dimensione pubblica, non esclusivamente privata come spesso viene invece vissuta dalle vittime e dagli autori della violenza, determinato e alimentato dallo squilibrio nei rapporti di potere tra donne e uomini e che, per questo, interroga e richiede una risposta decisa e tempestiva dalla politica.

La Convenzione di Istanbul (la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, aperta alla firma l’11 maggio 2011 a Istanbul) per raggiungere l’obiettivo di eliminare ogni forma di violenza di genere, individua quattro principali strategie di intervento, le cosiddette quattro P: “Prevenire, Proteggere, Perseguire e Politiche (cioè legiferare)”.

Il trattamento degli uomini autori di violenza, in un’ottica di prevenzione rispetto a nuove violenze e di modifica dei comportamenti violenti, è esplicitamente previsto dall’articolo 16 che individua nell’attuazione di percorsi di rieducazione uno degli interventi fondamentali nella strategia di contrasto alla violenza domestica e di genere.

Coloro che agiscono con violenza contro le donne tendono ad atti aggressivi sempre più gravi e, in assenza di un intervento, recidivano nell’85% dei casi, per cui coloro che riescono a ritrovare autonomamente senza aiuti un equilibrio dopo un primo episodio di violenza sono una minoranza esigua. Le conseguenze della violenza sulla vita delle donne vittime sono gravi e hanno effetti sia immediati che a lungo termine, inoltre si traducono in sofferenza e traumi per i figli; ad aggravare ulteriormente questa dinamica, il comportamento violento può essere appreso dai figli e replicato, anche a distanza di molti anni. Secondo l’Istat emerge che molti degli uomini autori sono stati a loro volta vittime o testimoni di violenza da bambini.

 

Presidente, Colleghe e Colleghi, Governo,

La relazione della Commissione di cui mi onoro di far parte -attraverso una complessa attività conoscitiva,  sopralluoghi in alcuni centri attivi sul territorio nazionale ed un lungo ciclo di audizioni di esperti nazionali e internazionali con competenze diversificate- ha analizzato la problematica connessa al recupero degli uomini autori di violenza, alla luce del quadro normativo vigente, con particolare riguardo alla possibile introduzione di percorsi di rieducazione e riabilitazione specifici e propone alcune indicazioni per un intervento strutturato di contrasto alla violenza contro le donne, diretto alla realizzazione di una rete nazionale di Centri che abbia chiara la finalità della propria azione: lavorare sugli autori per accrescere la sicurezza, il supporto e la tutela dei diritti delle vittime.

Nell’ambito della strategia dedicata alla “Prevenzione”, la Convenzione di Istanbul reca due articoli (il 12 e il 16) che, da un lato, costituiscono la base giuridica della Relazione, dall’altro, data la ratifica in Italia della Convenzione, con la Legge 27 giugno 2013, n. 77, sono per le l’ordinamento italiano a tutti gli effetti degli obblighi di matrice internazionale.

Il combinato disposto dei due articoli evidenzia come il principio che deve governare nel complesso tali azioni sia la prevenzione, a partire da quella rivolta ai cambiamenti culturali, sino a quella più specifica e vicina agli episodi violenti, per far sì che gli autori desistano dal commetterne e dal recidivare.

Inoltre, sempre stando al dettato normativo, nel caso in cui la vittima fruisca di un servizio specializzato di sostegno, il programma dedicato all’autore non potrà operare senza coordinarsi con esso, secondo linee guida di cui si darà conto nei prossimi capitoli.  Nel caso invece in cui la vittima abbia scelto di non ricorrere ad alcun servizio di sostegno, il programma dedicato all’autore dovrà comunque rispettarne i diritti e garantirne al massimo la sicurezza.

 

Presidente, Colleghe e Colleghi, Governo,

Il panorama internazionale offre una serie di programmi e progetti rivolti agli uomini autori di violenza che nascono tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 nell’area dei Paesi anglosassoni (Inghilterra, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda), per poi essere adottati pochi anni dopo anche in alcuni Paesi del Nord Europa, come la Norvegia. Tuttavia, anche nei Paesi in cui per il contrasto alla violenza si opera in attuazione della Convenzione di Istanbul, l’intervento sugli autori di violenza è ancora poco diffuso.

Nel corso delle audizioni, la Presidente della Associazione centro di ascolto uomini maltrattanti (CAM) di Firenze , nonché Presidente della Associazione Relive[1], riferendosi alle realtà presenti in Europa, ha descritto quattro diversi approcci di intervento: “quello avviato direttamente dal sistema giudiziario attraverso la messa alla prova, con programmi sviluppati da operatori istituzionali all’interno delle carceri; in secondo luogo il modello che si basa su risposte centrate maggiormente sulla famiglia perché prendono in carico donne, uomini e bambini, cioè l’intero nucleo familiare, e che è diffuso prevalentemente nell’area del centro e del Nord Europa; in terzo luogo programmi che invece si rivolgono direttamente agli uomini attraverso una presa in carico di tipo più culturale e sociale; e infine una risposta maggiormente centrata sulla patologizzazione del problema che va, quindi, a individuare più centralmente gli aspetti clinico-medici“.

Nel complesso si possono comunque rilevare alcuni elementi comuni in tutti gli interventi. Una prima fase di valutazione del rischio e delle effettive possibilità di esito positivo del percorso psico-socio-educativo che l’autore di violenza dovrebbe intraprendere: il partecipante è invitato a sottoscrivere un accordo, come assunzione di responsabilità, che stabilisce le regole di comportamento che egli dovrà rispettare per avere diritto a completare l’intero programma; come modus operandi viene utilizzato prevalentemente il lavoro di gruppo, che può talvolta essere accompagnato da un ulteriore supporto di sedute individuali. È da sottolineare che nessuno di questi programmi prevede il ricorso a terapie di coppia o a mediazione familiare; tali approcci, infatti, sono espressamente esclusi dalla Convenzione di Istanbul in quanto considerati strumenti non idonei nei casi di violenza domestica e di genere.

In Italia, l’art. 5 del citato D.L. 93/2013 ha previsto l’adozione di un Piano straordinario di azione contro la violenza di genere, dove si sollecita espressamente a: “promuovere lo sviluppo e l’attivazione, in tutto il territorio nazionale, di azioni, basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva“.

 

Per schematizzare il ventaglio di norme presenti nel nostro ordinamento, si è ritenuto funzionale proporre una suddivisione che guarda al loro destinatario, all’autore di violenza.

Il primo gruppo di destinatari è formato dai soggetti condannati, detenuti per reati riconducibili all’alveo della violenza contro le donne.

Il decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 123 ha riformulato completamente l’articolo 13 della legge sull’Ordinamento penitenziario dando nuovo impulso e aggiornando il principio della individualizzazione del trattamento.

Ci troviamo quindi in un settore che sta vivendo una fase di forte evoluzione, confermata dall’intervento ancora più recente della legge 19 luglio 2019, n. 69 (Codice Rosso), che ha ulteriormente modificato l’articolo 13-bis, ora rubricato: “Trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali, per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori”, allineando in tal modo la normativa nazionale ai più alti standard internazionali: infatti, In base all’attuale formulazione dell’articolo 13-bis della legge sull’Ordinamento penitenziario, non più solo i condannati per i delitti di cui agli artt. 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-quater, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, ma anche quelli ex 572, 583-quinquies, 609-bis, 609-octies e 612-bis codice penale, possono sottoporsi a un trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno.

Obiettivo principale di questi percorsi trattamentali è l’abbattimento del tasso di recidiva, che per questo tipo di condotte sarebbe in assenza di trattamento più elevato. “In buona sostanza” – recita il rapporto del Ministero della Giustizia «Un anno di Codice Rosso»: “è fondamentale che il detenuto aderisca ad un doppio “patto trattamentale”: uno con l’amministrazione penitenziaria e relativo al profilo rieducativo generico, l’altro con gli operatori del trattamento psicologico e terapeutico. Vi potranno pertanto essere punti di contatto ed obiettivi comuni, e necessariamente anche momenti di sintesi, pur rimanendo gli approcci e gli strumenti distinti”.

Il secondo gruppo di destinatari comprende coloro che non sono attualmente in carcere, ma in virtù delle loro azioni potrebbero entrarvi o ne sono appena usciti.

Ad oggi il soggetto tornato in libertà trova scarsa continuità trattamentale rispetto a quella ricevuta in carcere, pur trattandosi di una delle fasi più a rischio per la vittima per via delle possibili recidive. Mancano misure specifiche, che andrebbero previste approfondendo lo studio dell’esperienza norvegese e del modello BASIS, che si caratterizza proprio per tale continuità.

Quanto ai soggetti che non sono attualmente in carcere, in sede di audizione, è stata evidenziata dal dottor Giulini, criminologo clinico del trattamento presso il carcere di Bollate[2], la buona prassi della Sezione autonoma delle misure di prevenzione del Tribunale di Milano che prevede di accompagnare alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza una ingiunzione trattamentale che comporta l’invio del sorvegliato a specifici programmi territoriali rivolti agli autori di violenza.

La nuova normativa sulla quale maggiormente si è dibattuto, riguarda coloro che sono condannati ad una pena relativamente bassa che potrebbe permettere loro di beneficiare della sospensione condizionale della pena (ex articolo 163 e ss. del codice penale) “subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati».

Tale nuova norma ha quindi reso esplicita e obbligatoria una possibilità già prevista dal comma 1 dell’articolo 165 codice penale, ma affidata alla sensibilità del singolo giudice di subordinare la concessione della sospensione “all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato”.

Un terzo gruppo di soggetti potenzialmente interessati è rappresentato dagli uomini che sono autori di violenza ma non sono stati denunciati o rispetto ai quali non sono state ancora adottate misure restrittive.

Appare necessario garantire l’opportunità di offrire percorsi anche a queste persone, che costituiscono la parte più ampia degli autori di violenza, dal momento che in questo caso si opererebbe in autentica prevenzione del reato, piuttosto che nella sua punizione o correzione postuma.

Alla luce di tali considerazioni sono state introdotte modifiche alla legge di bilancio per l’anno 2022[3] che incrementano, da un lato, di 7 milioni di euro, per il 2022, il “Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità” destinando 6 milioni delle nuove risorse – oltre al milione già stanziato in modo strutturale nel decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 – all’istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti e al loro funzionamento e destinando un milione ad attività di monitoraggio e raccolta dati.

 

Presidente, Colleghe e Colleghi, Governo,

è di fondamentale importanza sociale (dunque anche politica) ribadire che la prevenzione della violenza nelle relazioni domestiche e di genere, che costituisce la finalità principale dei percorsi trattamentali sugli uomini autori, è volta a promuovere e conservare modalità relazionali positive e non violente ed evitare l’insorgenza di fenomeni di maltrattamento nella società.

La prevenzione assume peraltro caratteristiche diverse a seconda dell’arco temporale che si intende abbracciare con l’azione (prevenzione nel breve e nel lungo periodo) e la platea di soggetti che si intende coinvolgere (un singolo individuo, un gruppo di persone, una popolazione ampia). Ne consegue che, a seconda del combinarsi di questi due elementi, risultano diverse le professionalità coinvolte nel raggiungimento della prevenzione: educativa, formativa, psicologica, sociologica, ma anche di supporto legale o alle Forze dell’ordine.

Per descrivere i diversi modelli di prevenzione della violenza è utile rifarsi ad una consolidata distinzione in tre livelli, ossia la prevenzione primaria, secondaria e terziaria:

–           la prevenzione primaria riguarda interventi atti al mantenimento di uno stato di benessere e di assenza di situazioni di violenza o a una sua promozione;

–           la prevenzione secondaria consiste in interventi rivolti a situazioni in cui la violenza è in uno stato di potenzialità, oppure alle prime fasi del processo di escalation;

–           la prevenzione terziaria, infine, riguarda interventi volti a contrastare la violenza in atto, ad evitare in particolar modo ulteriori gradi di escalation di comportamenti lesivi oppure casi di recidiva della condotta di maltrattamento.

Un piano di contrasto della violenza completo ed efficace deve prevedere interventi preventivi per ognuno di questi tre gradi e specifici per ciascuno dei soggetti coinvolti nel fenomeno del maltrattamento: la vittima diretta, i minori vittime dirette e/o indirette, l’autore della violenza, la comunità nel suo complesso.

 

Presidente, Colleghe e Colleghi, Governo,

I programmi per gli uomini autori di violenza si basano sulla convinzione che le persone che hanno la motivazione al cambiamento dovrebbero essere messe nella condizione di poter intraprendere un percorso e che una funzione fondamentale di una comunità è stimolare nelle persone questa motivazione. L’assunzione di responsabilità rispetto ai comportamenti attuati è un prerequisito per poter cambiare, poiché fino a quando verranno attribuite ad altri o a elementi esterni le cause del proprio comportamento e dei propri vissuti, non sarà possibile essere autori del proprio cambiamento. Il comportamento violento non deve essere visto come una forma di patologia, piuttosto come la declinazione di un complesso intreccio di aspetti sociali, culturali, relazionali, emotivi e identitari. In particolare, è l’incapacità di leggere questi aspetti e di sostenerne il peso su di sé che genera la violenza, la quale è in ultima analisi esito dell’incapacità di pensare le emozioni generate dal rapporto tra l’individuo e il contesto.

Interessante infine aggiungere che (ferma restando la tassatività di invitare le parti separatamente e mai insieme), in base al contesto normativo, istituzionale e culturale, possono essere individuati i seguenti c.d. “soggetti invianti”; a) Sé stesso, b) la Donna, c) i Familiari dell’uomo, d) i Servizi sociali, e) l’Invio da parte delle forze dell’ordine (tramite “Ammonimento”: in questo ultimo caso le forze dell’ordine possono invitare l’uomo, segnalato come potenziale autore di violenza o stalker, ad effettuare un percorso presso un Centro specializzato. Tale invito ad oggi non è obbligatorio ma, essendo l’uomo “attenzionato” e data l’autorità dal quale proviene, esso risulta particolarmente autorevole. L’esperienza riguardo questo tipo di invio è recente e la sua pratica non diffusa in maniera omogenea sul territorio nazionale, benché da alcuni anni si stia rafforzando attraverso il progetto denominato “Protocollo Zeus”), g) il Giudice (come previsto nel c.d. Codice Rosso).

Come già ampiamente illustrato, gli autori di questo tipo di reati hanno un’alta probabilità di recidivare, per cui la sola detenzione senza trattamento potrebbe non produrre alcun effetto preventivo. Si ritiene quindi che il percorso trattamentale da Codice Rosso sia un’occasione da perseguire, per l’uomo, per le vittime coinvolte e per la comunità stessa, ma a patto che l’intervento garantisca le seguenti 5 caratteristiche:

  1. il percorso trattamentale deve affrontare in maniera preliminare e allo stesso tempo continuativa i tre vissuti dell’adempimento ad un obbligo, della strumentalità degli obiettivi e della eventuale percezione di sé come vittima;
  2. il percorso deve prevedere necessariamente una valutazione del rischio che indichi l’opportunità o meno della presa in carico dell’uomo;
  • nella gestione del percorso occorre che sia attiva la rete territoriale, in particolare una piena collaborazione con i soggetti che hanno in carico la donna, i minori coinvolti e con le forze dell’ordine;
  1. i Centri per uomini autori di violenza che accolgono questa tipologia di casi devono prevedere che, se non si realizzano le condizioni sopra indicate e se non c’è un intimo passaggio dell’uomo verso una presa di responsabilità, il percorso sia sospeso inviando comunicazione all’Autorità giudiziaria;
  2. gli eventuali benefici sull’esecuzione penale per l’uomo non devono essere automatici, ma attivarsi su specifica valutazione del giudice ed essere suscettibili di sospensione qualora l’uomo non frequenti costantemente il percorso o il Centro ne segnali un uso strumentale.

In questo senso è strategico segnalare che l’articolo 7 del disegno di legge del Governo contro la violenza di genere (AS 2530) attualmente all’esame della 2a Commissione permanente, contiene una modifica all’articolo 165 del codice penale nel senso suggerito dalla nostra Commissione. Infatti l’articolo 7 interviene sulla disciplina della sospensione condizionale della pena nel caso di reati di violenza domestica. Il disegno di legge del Governo modifica la disciplina della sospensione condizionale della pena per meglio qualificare e identificare il ruolo degli uffici di esecuzione penale esterna ed il controllo sui condannati che partecipano a programmi per uomini maltrattanti.

 

Presidente, Colleghe e Colleghi, Governo,

in conclusione,

L’istituzione e il sostegno dei programmi rivolti agli uomini autori di violenza domestica e di genere hanno l’obiettivo di accompagnare gli autori in un percorso di cambiamento dei comportamenti violenti per raggiungere la finalità di tutelare le vittime per interrompere la violenza, prevenendo nuove violenze, escalation e recidive.

Sussistono in proposito precisi obblighi normativi nazionali e internazionali, come la Convenzione di Istanbul; inoltre, pur essendo ancora in fase di analisi in ambito scientifico, l’entità dell’efficacia dei programmi rivolti agli uomini autori, depone per la conclusione che realizzare i trattamenti sugli uomini autori sia meglio che non realizzarli.

L’assenza di un quadro attuativo nazionale di riferimento e, fino a poco tempo fa, di un reale interesse da parte di istituzioni di livello nazionale e internazionale ha fatto sì che tali esperienze mantenessero sempre dimensioni contenute. In Italia, la presenza di Centri specializzati è di carattere locale e la distribuzione sul territorio nazionale non è omogenea, presentando una maggiore concentrazione al centro-nord. Esiste una rete nazionale, e Relive, associata alla rete europea WWP ma non sussiste alcun obbligo in capo a un singolo Centro (esistente o in fase di costituzione) di fare riferimento agli standard proposti dalla rete. Al riguardo, come membri della Commissione sottolineiamo la necessità di un quadro normativo attuativo e regolamentare nazionale tale da portare il sistema dei Centri per il trattamento degli uomini autori di violenza ad un livello di sviluppo superiore che preveda linee guida, livelli di specializzazione degli operatori e standard organizzativi dei trattamenti omogenei a livello nazionale nonché verifiche sull’efficacia dei programmi e sulle recidive, operate da soggetti terzi.

E’ inoltre di importanza socio-politica strategica approvare in Parlamento una normativa di riferimento completa per le attività di trattamento degli uomini autori di violenza per generare una maggiore consapevolezza culturale di come sia proprio il modello patriarcale quello all’interno del quale si sviluppano le azioni individuali di violenza contro le donne e di come il cambiamento culturale di ogni singolo genera un cambiamento culturale collettivo sempre più diffuso e necessario.

Sarebbe da ultimo auspicabile che tutta la normativa in materia sia oggetto di una rapida approvazione parlamentare (si ricorda al riguardo che sono all’attenzione delle competenti Commissione parlamentari del Senato i disegni di legge nn. 1770 e 1868) e sia incluso in un titolo specifico di un Testo Unico, dedicato al contrasto della violenza di genere e alla promozione di una società libera dalla violenza contro le donne.

 

 

 

 

 

 

.

 

 

2022-05-26T11:30:18+00:00

Leave A Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.